mercoledì 3 febbraio 2010

Di tutto un po'

Le missive tra me e Giulio...



(Sandro ci fa compagnia..)


Un giorno, e potrei dire un giorno qualunque ma era proprio quel giorno, essendo giorno, non notte, ma giorno. Dicevo, un giorno. Poche ere fa, un piccolo secondo che teneva prigioniero il tempo, praticamente un secondino, si fermò, mentre sessantamila visir in motociclo d'epoca invadevano il proprio spazio personale. Ahinoi - dissero in braille - cosa mai ci farà da mangiare l'eclettica massaia Gina dopo aver spopolato il kurdistan? Un momento dopo, un momento prima, a base di carciofo. Prescott il salumiere di regime avanzò di una casella e tutti gridarono: eppoi? Carburatori in salmì, semafori lanciafiamme, cancelli, opere liriche, uva sempliciotta, masnadieri, masnadoggi, piscine gobbe, cemento amato, toraci voraci, mille, librerie anticicloniche, zuppa di muro, asterischi molli, frank simile, parrucche ovipare, guelfi lesti, timori reverendi, orologi a cocò, spugne affrante, elicotteri di pane, vanghe ciclotimiche, assegni poco familiari, raggi di sale, incenso al fotoritocco, elba.


Alle carrozze, alle alle lellellé! Gridò senza suole e senza sensi la proprietaria dello studio paghe..
Sta arrivando l'attrice fatta di piaghe, non si vede ancora all'orizzonte, ma dovrebbe, è molto salata!
E che ci frega? Tuonò lo stolto, con un bonobo spalmato sul volto..
È una strega, e ha nel culo una sega! È una sega difettosa, e anzi, serve a lanciare pezzetti di stronzi..
Sono buoni! Sbottò Freddy..
Me li manzio con i coni!
Sei un pazzo! Esordì la signora come un razzo..
Sono stronzi lunghi un brazzo, non ce la farai, e sicuro soccomberai!
Vecchia troia, non temere, sono anziano da molte ere, manzio stronzi da molti anni, senza incertezze, senza danni!
..e fu così che tududì.
Ma questa purtroppo, è un'altra storia, senza se, senza ma, e senza gloria. Sì, proprio lei, quella gran troia.


Lo spiridione bollente di zarathustra minacciava il popolo di Plutone quand'ecco che, cammina cammina, l'olio. Evribadi nids sombadi tu lov! - esclamava a più non posso, una volta potevo ora non più, il piccolo giacomino gigante mordendosi le palpebre con gli incisivi che si sentivano superiori. Le zebre a retrocarica, nel frattempo, sai. Mi appaio vieppiù cerebrolesso, materia grigia in acqua calda ma, perdio, non più di sette minuti cantando sotto la spioggia, la spiaggia, la reggia, la figgia, la roggia, la muggia, la taggia, la pioggia. Ah ecco, piove, e ogni goccia ha il cappello sulle ventitrè, ventiquattro al massimo, piove sicurezza contrastante nei miei stupidi peli di nome giorgio, giorgio e, pensa che sorpresa, giorgio. Anzi no, marco. Anzi no, giorgio. Anzi no, dubo. Nel matrimonio preciso di un crauto, la similitudine pirocinetica si insinua in ogni lavatrice al di sopra del municipale senso del pudore, anticipando in tal modo il sindaco Maria Bullo Circostanza con un tackle onomatopeico risorgimentale e insaccando dai venti metri con un preciso colpo di festa. Mai più si vide tale barbarie in questa parte del mondo, ma dall'altra sì, è cosa di tutti i giorni. Tranne il martedì, che si riposa nel caso ieri ci sia qualcosa da fare. Tipo, che so: ululare stretti, essere uno, circondare l'asciutto, entourage. Ma il gatto della repubblica non riposa mai, e la sua borsa contiene troppi martelli.


Ancorché! Ancorché! Le circostanze in cui circoncidono quegli inconsapevoli bambini sono incostanti, variano da paese a paese, e che l'uva sangiovese mi sia testimone: è grande il timore quando si è al timone, si dice, sopratutto quando guidi del timo la radice, pianta assai delicata, in due dimensioni, da "a" a "b", dalla prima all'ultima, dalla seconda alla quindicesima, in continua espansione, il cui frutto non si rende mai necessario al di la di ogni ragionevole dubbio.. Non è così..anzi, si dissolve tutto in una felice sorsata di soppiatto, in quattro e quarantotto, nel momento in cui i trentatrè trentini, stufi di entrare a trento, si sono iscritti all'isef..se la giocano giocherellando per una carriera da cassiera, da barriera, da missile, o da cartomante in un paese di labili idoli sordi, velocizzati all'inverosimile dall'ausilio di sofisticatissime mantidi laiche, afone e albine.
E nulla più, ma tutto può, nulla può, e tutto più.

Elalà, che non è mai troppo tardi per. Punto. Il mal dei cento mali si sporge curioso nell'ossido di seppia, quand'anche l'anatra alla rancida ballasse il bughi bughi. Nessun sentimento al cervo fa difetto, nessun motivo e mi dimetto, nessun dorma sul mio letto. Curzio inciampò nelle proprie molecole additando la somma pecora di osiride, che facendosi beffe delle beffe delle beffe. E mucche meravigliose si presero a schiaffi sorridendo mentre il circolo dei quattro sapori mieteva il grano apposta. C'era una volta una volta, spaziotempo involuto a canestro, reti wireless di connessioni al contorno, e il principe morì di crepasuore. Straziata dal dolore, la principessa usò l'idromassaggio per farsi un aperitivo veloce e condì la pasta sul trono. Non era brutta, non era neanche bella, diciamo un cefalo con la psoriasi e gravi problemi mentali, per cui si possono giustificare le sue ultime parole: pilastro, ottenebrare, collo. Visse ancora centotrentadue anni ma non parlò più, con gran sollievo del ciambellano che avendo finito la crema era ridotto a ciambellano senza niente. La principessa passò l'aspirapolvere ma il cavaliere nero, che si aspettava un cross rasoterra, ne rimase colpito tra la sesta e la millesima vertebra. 'Ancelle! Ancelle! Ne vedremo delle belle! Non sto più nella mia pelle! Vado a stare a centocèlle!' Morù siffatto, in timidezza, tra via calamaio al civico troppestre.


A lui, ameno armeno che ha visto almeno il meno peggio..saggio..ma la sua casa sta davvero su di un faggio?
Assume un bacillo acti regularis ogni pomeriggio? Non si sa, ma lupus in fabula ulululà.
Noto un milite, non più ignoto, felice balza di foglia in foglia..ei non me ne voglia, ma ora tolgo la maglia, e faccio un tuffo nella paglia..mizzica, quanto pizzica! Ora scappo, e porto via Sandro il tappo. Non mi sfugge, ma lui è agile tra le piogge..


Ti racconterò quindi la storia di Accésio, il contadino in pietra lavica con le orecchie a pentola e i rimorsi multitraccia. Il vostro eroe, perché io non voglio averci niente a che fare, soleva camminare il mattino presto, verso mezzogiorno, lungo i confini dei suoi terreni, che la crisi finanziaria aveva ridotto a un metro quadro di gerani. Durante una delle sue lunghe passeggiate di primo mattino, dopo le quattordici e venti, sentì una voce provenire da dietro un albero, un pioppo secolare bonsai di oltre mille metri di cui novecento si sviluppavano lateralmente: 'Aiuto! Aiuto!' Accésio si avvicinò, e con gran stupore ma anche con borotalco al tonno, s'avvide che tra le nodose radici era aqquattata Misurecchia, la nutria d'oro plenipotenziaria. 'Aiutami tu, Accésio, sono qui da ieri e nessuno è venuto a salvarmi. Devi sapere che ogni martedì devo venire ad annaffiare il bonsai, e ogni martedì metto la zampa su una spina. Di solito non è un grosso problema, diciamo che me la cavo, ma la spina di ieri era lunga come un giavellotto olimpico e, dalla zampa, mi ha trafitto l'arteria femorale, l'intestino, il diaframma, il polmone sinistro e mi è finita in un occhio, scalzandolo dall'orbita. Puoi aiutarmi?' Accésio, in men che non si dica, estrasse l'attrezzo ginnico dalle interiora del povero animale, che si rivelò una bestia magica e meravigliosa. Infatti, appena liberata, Miserecchia coprì Accésio di tanto oro e gioielli che lui ne morì soffocato tra atroci sofferenze in una paurosa agonia di molte ore. Evviva! Evviva!


Manifesti nefasti di lesti pasti, e come tutto un po'.
Urge il buon surgelatore, che pernotta nel suo vecchio motel a ore, e annota sul suo block num notes il clock del suo predecessore, il processore professore, veloce e lesto come un gatto di mica..mica male la mica! esclamò l'avventore, dopo averla rubata all'allevatore..allevatore di cosa? Disse stupita Rosa, la stupida sempre in posa.
Alleva armatori, l'allevatore, eleva a più alta coscienza la scienza esatta della blatta, la blatta felice del battipaglia, una gran canaglia, che non me ne voglia, ma di sicuro mangiò la faglia, quella di sant'andrè, parente della più famosa di sant'andrò, cugina felice ma disillusa.
Bene, disse con un fil di luce il giovane polluce, deve trovare ben altro per sconfinfermi quel maledetto fetore. Venderò care le tende, non alzero bandiera banca alla prima friddicoltà, dopotutto, prima o poi anzichenò, si tratta di un misero tasso sereno variabile, con precipitazioni sparse a carattere ridicolesco. Non ci sono più i giovani di una volta, sono tutti invecchiati..non ci sono più le mezze stagioni, ora le chiamano con i loro arroganti nomi estesi: primavera, estate, autunno e inverno..quante smargiassate mi tocca sentire, quante capre mi tocca coprire.
Ahh, la juvenilia..alleva pesi disonesti, respira aria di libreria, mastica colbacchi come fossero rocce, piega la volontà di ogni cimice, assoggetta a se ogni odore, spezza cardi con dieci regole, arrota cenere con un solo sguardo obliquo, ma non ce la farà in un solo tempo.


Mamma mia quanta paura mi fanno i claun. Non ne hai idea. I claun. Mi terrorizzano, i claun. I claun rappresentano l'orrore folle dei claun. Non sai quanta paura mi fanno i claun. Se un claun, per esempio, mi si para davanti anche in una giornata bellissima, beh quel claun mi fa pisciare sotto dal terrore. E non è un claun particolare che mi fa paura, ma tutti i claun. Non puoi capire quanta paura mi fanno i claun. E non servono dodici, mille, un milione di claun, basta un solo semplicissimo claun per risvegliare in me il sacro terrore dei claun. Un giorno, non molto tempo fa, non stavo affatto pensando ai claun, ma poi ho visto una ciliegia che mi ha subito ricordato il terribile naso dei claun, e mi sono messo a piangere credendo che un claun mi avrebbe ucciso. Anche qualcuno coi piedi un po' lunghi mi ricorda i claun e all'improvviso devo ripararmi sotto il letto o nascondermi nell'armadio, tanta è la paura che mi fanno i claun. Capisci, è un problema invalidante, non posso andare in banca o dal dottore o addirittura a fare la spesa perché dappertutto potrebbe nascondersi un claun. L'unico claun buono è un claun morto. Se fossi in ospedale e arrivasse patch adams credo che potrebbero portarmi direttamente dalla psichiatria neonatale all'obitorio, perché ho troppa paura dei claun. Il claun è la personificazione dell'orrore, il claun è il diavolo e Bozo il suo profeta. Non hai idea di quanta paura mi fanno i claun. Non quanto gli avvocati, ma quasi.


La spada nella morcia, fece breccia nella feccia, ammassando i carri color indaco del sindaco tutti sulla propria metà dolorante, in segno di sdegno e di avvertimento.
Ammesso e pure concesso che ahimè v'è più di un cesso, un quarto di quel bue e di sicuro costituito da gesso, e la gibigianna fucsia ha stabilito un nuovo amarcord..questo sì che se ne intende, mangia la torta e poi la vende, è una trappola quella che tende? Sta a sentire: sì! Il nostro mondo è costituito per ventitrè trentasettesimi di cuoio e di h, ma non dire che non eri stato attirato, che non ti sentivi alla sua stregua, quella è una strega, e non porta un libro paga, parla in slang, e chiama tutti raga..ha visto cose che voi due mani non potete neanche circondare, salta fossi con la cetra, si dibatte come un callo, è veloce e tosta come un pezzo di mela, ha la casa in cemento armato di lanciamissili, circondata da mille quaquaraquà, e non si mostra, nonostante sia alta come il verde, potente come una f, agile come una cesta di panni usati, furba come il manto stradale, intelligente come il caffè caldo, sagace come un campanile, cattiva come un garage, vendicativa come un coton fioc, ma gentile come il nastro da pacchi, e buona e onesta come l'omero.


Nel sempiterno ardore delle olle, il supereroe dalle mille lobotomie, ma sarebbe meglio dire lobotosue, s'infrappò nel Mekong intuendo un'arpa. Subitanee spine dorsali al cinnamomo aprirono il fuoco ma chiusero l'acqua, paventando una bolletta il cui solo inchiostro sarebbe pesato sette chili. Nel mentre, nulla. Era primavera, te estate, no autunno e soprattutto no inverno. Ma perché? Eh ragazzacci ve lo dico io il perquò, e se sarete molto ma molto discolacci vi dirò anche il perquìqque e il salamòn. Nel carotério sbrulleggiante si misurano a colpi di murbovagone i sandali morsicatori di mastro Sbarbanunzio, l'unico loricato in grado di friggere sé stesso in tempo zero. Nella città di città, in quanto. I boli alimentari aprono negozi senza serratura, commettendo in tal modo un reato orsacchiotto e sbarazzino, senza lastre. Insomma, una giornata qualsiasi in una città molto precisa, o una giornata molto precisa in una città qualsiasi: in tutti i casi, un casino. In tutte le case un caseno e in tutte le cose un coseno, rammentando paglia. Violenza inaudita è senza dubbio spezzare pollici, ma ecco che in tutti i modi che vengono al mettine ancora un po' o non sa da niente da dire. Niente da fire, come diceva il mio bisnonno spezzando pollici. Ah il bisnonno, padre di mio bispadre, e pensare come lo bistrattavo male male. Nel poc'anzi strutturato del quando mai, un sano mattone si sgretolava ripensando al proprio ugo. E niente più.


Guglielmino
Guglielmino era un vecchio bambino che viveva assieme al suo cane. Un tale pel di faggio che non ti dico! Aveva la proboscide quadrata, alla cui estremità pendevano due piccole matrici, estremamente affilate, a forma di infermiera. Le giornate trascorrevano come punteruoli, e il nostro eroe Guglielmino (che per comodità chiamerò Frangistolferus) soleva insinuare la sua rugosa viscida lunga lingua piumata nelle narici di un vecchio battiscafo abbandonato, Abelardo.
Frangistolferus era convinto di non recare danno a quel rottame ferroso devastato dalla ruggine, in realtà credeva di offrire un servizio a lui gradito.
Un giorno però, la carcassa massacrata resa inutile dall'usura e dal tempo, prese vita, e con un balzo che si poteva definire notturno, piombò come un carro allegorico sul giovane Frangistolferus, il quale visibilmente stupito iniziò a fare flessioni a rotta di collo.
Abelardo, dall'alto della sua ruggine, prese il giovane in disparte, e con voce così forte da potersi definire d'epoca, disse:
"Che stai facendo, giovane figlio del plagio?"
Frangistolferus annuì, e un istante dopo, Abelardo, in tutto il suo plumbeo vigore, conficcò nella fronte del ragazzino un palato fiammeggiante, certo di essere capito.
Frangistolferus non comprese mai quel gesto così sfrontatamente medicinale, e 89 anni più tardi aprirì una gelateria, così splendida, da sembrare appena munta..non è ancora chiaro ciò che passò per la mente del giovane, ma a tutt'oggi egli si chiama ancora Guglielmino, purtroppo.


Le mitiche pozzanghere di malumore si fanno effe del malto d'orco a più non dosso e radono dalle nuvole a coppie di tre, facendo gestacci a Londra e a casa tua. Un curioso effetto poltergeist si manifestò tra le dodici e le dodici e dieci, ma di giorni diversi, nella cucina di Matteo Pungimorte, il satrapo malaticcio orrendo a proporzione inversa. I piatti si agitarono, i bicchieri si agitarono, perfino il tristolo mestolo si agitarono. Le posate volarono qui e là a dispetto del proprio nome, una forchetta birichina si birialzò di scatto conficcandosi gemella nel macroonde, un forno a tsunami che ci metteva pochi secondi preferendo i primi e i dessert. Malcolm X, il ragioniere senza torso a propulsione eolica, intento ad inventar la lampadina, s'accorse che pochi istanti fa avevo scritto di lui, e fuggì sulle dolomiti del brenta senza sapere che poco prima se n'erano andate allo zonzo per vedere gli animonzo. Piccole donne escono di casa, piovono nane dal cielo blu, piovono all'insù, assicurandosi di non tornare prima di essere partite per non creare paradossi contro il paraurti. Personalmente preferisco il paradossi davanti e il paraurti in democrazia, ma non siamo qui a parlare dei miei gusti sessuali sul gelato, siamo qui a parlare del giardiniere surgelato. Alfredo Monoscocca Birbanti detto il Solco, l'unico piffero morente in grado di ammaestrare le cose senza colpa ferire. Fu lui a lasciarci le immortali parole: 'Immortali! Immortali! Immortali!'


In questo mondo di marzapanno, i nostri amici guardia e ladri si fanno largo lanciando con perizia lapilli di furbizia e dovizia di particolari, a destra e a Lucrezia, non si accorgono che in questo modo aiutano la mattanza delle tazze, e nel frattempo il water Walter se la ride, ma così di gusto che al bidet viene l'erpes.. Arriva Amilcaressa, regina di pesce persico, scià di albinoleffe, gran magistrato della conserva, racchetta laterale da volano su sci, fetta di cotechino blu appoggiata precariamente su di una mensola di melassa e lombi..arriva, e, ahahà! uno stupito e stupido passante cogitabondo la colpisce con vena di ironia e mazzancolle tondiquadree numero 7, cottura 14 minuti netti.. Benissimo! Sostiene il cosacco del tutto inglobato nel suo guanto in rovere a mezzo busto..
Ora preparerò un piatto, un piatto di cinghie di cuoio in salmì, lo mangieremo a quattro penglobe, è un piatto raffinato, il cui ingrediente principale è il perborato.
Antonietto! Antonietto! Squillò con voce di stoccafisso leporino la regina..
Ho lasciato i malleoli sinistri sopra al mio stalliere satellitare preferito, potresti recuperarli? Io sono indisposta dall'indisponente spudorata impudenza di questo meraviglioso bruttissimo e depravato suddito sufflè..
Non ce la farà, in quanto sant'antioco pastore arriva sempre dopo, e dopo ahimè, sarà sicuramente troppo tardi.


Cannaflavio, l'operaio sensei monomarcia diviso in parti uguali (ma quante?), si è sposato con Ottavia Paraninja Locustelli, amministratrice delegata del fato e socia di maggioranza della peste. Lui: alto, bello, di quella bellezza tipica degli eroi greci subito dopo essere stati arrotati da una selva di giavellotti persiani. Lei: bassa, così bassa che veniva spesso scambiata per un'orma, e bruttina, di quella bruttezza tipica delle eroine russe subito dopo essere state arrotate da un treno. Lui: giallo, giallo come se il mondo dovesse finire domani, poeta anzitempo, brivido della cuspide, ortodosso malfermo. Lei: ruvida, cortese, antipatica, gentilissima, stronza, un amore. Si erano conosciuti a Boston, vicino a Tokyo, praticamente a casa. Un appuntamento al buio, delle testate incredibili. Lui, virtuoso del sistema linfatico, montanaro probiotico, onanista booleano. Lei, campionessa di tiro con l'orco, dal morso infinito, appaloosa. Viaggiavano in loop. Lui, cieco da un orecchio, muto in un piede, sordo anale. Lei, primadonnola, calcolatrice estiva, barba morta. Erano un'anima sola in due corpi, due pance voraci, quattro gambe di sedano e un chilo di pane, grazie. Matrimonio fastoso, cerimonia semplice, solo gli amici intimi: un miliardo. 'Chi ha qualcosa da dire parli ora o braccia per sempre!' Modesti: niente riso, molti sputi. La prima casa, il nido d'amore, in subaffitto da una poiana. Felicità. Noia. Noia. Noia. Noia. Putrefazione.


In un mondo in cui il genocidio di lobi freschi è cosa ormai già abbondantemente sopravvalutata, il daino colica Cravatta sfugge velocissimo tra le increspature e i crateri della crosta lunare. Si aiuta masticando zoccoli di gnu, è il solo modo che ha per sfuggire alle carote corazzate di mastro Carrozza, il suo acerrimo nemico millenario fulvio. È calvo, e stremato dalla lotta all'evasione, sorride. I suoi denti a sciabola, stanchi di tutto quel masticare, se ne vanno, lasciandosi dietro una storia bellissima, quella di Pareto, l'inventore. Ma non sono soli, nonostante lo credano: sciami di mille e mille cavallette gracchianti del Nevada si muovono giocando a dadi, sfidando le porte, in una fatale sfida contro la Marta, colei che trama da più di trenta lustri la sconfitta del gambero Mario. Cravatta non si avvede di tutto questo rischio, e del viavai di tutti questi illustri personaggi, e come uno sprovveduto decide di attraversare la pubertà, valle di presunta gioia in cui milioni di ignari esseri umbri, rischiano la cecità assoluta. Cravatta cadde sotto i colpi delle tentazioni, e non scoprì mai la vera storia di Pareto, l'inventore.


Un cercopiteco prese fuoco senza motivo. E senza motivo esplose mio zio Gianni. Il fatto che io non abbia alcuno zio Gianni prova senza ombra di dubbio come sia esploso in maniera molto garbata e silenziosa. Se è per questo, non ho neanche un cercopiteco, e se vuoi insinuare che mio zio fosse una scimmia, beh caro mio ti sbagli di grosso: mio zio era un lemure. 'Bollisca! Bollisca pure, caro amico di formaggio! Non si faccia remore, scrupoli o qualsivoglia lardo, a casa mia l'ospite è sacro e quindi può anche fondare religioni e girare a mani nude sul parchè e sul par come'. Le olimpiadi del brasato cominciarono sotto i peggiori auspici, per l'esattezza sotto gli auspici 7 'Quando Marte colliderà con Urano i mille volti della morte alla maionese non troveranno parcheggio' e il 17 'Quando la luna nello scorpione s'accorgerà di non avere molto spazio, ah ragazzi che casino'. La gara di Lancio della Pubertà si concluse nel 1734 quando, improvvisamente, un pesce persico ballò il tuca tuca con conseguenze fatali per l'intero universo. I presidenti degli stati cuscinetto rotolarono quasi senza attrito finché le loro sfere di timballo si pronunciarono in maniera sibillina sull'esito della battaglia di Hastings, peraltro combattuta circa mille anni prima: 'Il carburatore del Cavaliere Nero andrà incontro a mille peripezie durante la ricerca del sacro Graaaaaaal, e la spada di ferro tonante sarà ridotta al silenzio da uno stormo di piccoli rinoceronti in ghisa'. Non se ne seppie più nulla.


Malpanzio era intento ad applicare le sue preziose decalcomanie sulle ampie pinne gialle del suo tonno concertrato, Alfio. Alfio è molto astuto, e davvero in gamba, pur non avendone: sa fare di calcolo, si occupa di gestire le finanze della regione, dispensa conigli a chi non ne ha bisogno, e sopratutto, è il migliore quando si tratta di potare vespe e vespasiani. Di recente ha conseguito il diplomino di sarta con il massimo dei voti. Questo perché ama fare la maglia, nonostante sappia benissimo che la maglia che lui con tanto amore tesse, servirà per catturare, massacrare, fare a pezzi, surgelare e divorare con grande avidità i suoi parenti.
Qualche tempo addietro però, la svolta. Alfio ha scoperto i missili, ed ha abbandonato l'attività di sarta, preferendo ad essa la più divertente ed edificante di lanciamissili..egli infatti si diletta a sganciare dal suo triciclo a reazione politriclosan con multitasking, delle piccole testate nucleari a corto faggio, facendo a brandelli non solo i suoi vecchi dirimpettai, ma anche crill, plancton, spazzole, spatole, canaglie, briganti indifesi, maestose bombarde, scialuppe d'epoca, accrochi di masticatori del Sudan, bottiglie con modellini di barche al proprio esterno, clarinetti di comprovata viltà, semafori balzanti, mura di cintola, lenticchie mitraglia, cinghie fumanti, unghie brevi, grill eccelsi, fontane bellissime, scarpe con tacco in teflon, elenchi elettorali, alberi maestri di kung fu. È così felice, che continuerà con contratto di apprendistatale.


Nell'estetica del sacrificio umano farfallino un tribuno della plebe s'immolò, dall'alto di una rupe di almeno sei o settecento micron. 'Risparmiaci le tue polente! - urlarono Biancanegra e i sette cani - Non ne abbiamo sognosogno.' Ella abbisognava solamente di pattinare sul braccio, giocare a zinco, vincere a scacchi odorosi, perdere mirra cinese, disputare incontri inaspettati di sumo. Era una solitaria, non amava gli sport a squame, e non amava soprattutto il suo ragazzo che tutto si sarebbe aspettato tranne che essere tranciato in due da un'ipotesi. Entrambe le metà si fecero in quattro per lei, che rispose maligna facendolo a fette: 'Non mi avrai mai! Capito? Mai avrai non! Mai non avrai! Poroponziponzipò!' Lui si ricompose con gran dignità ed ingenti quantità di adesivo. Non lo vide mai più, giusto per il fatto che lui l'accecò con un fagiolino rovente. Problemi di dialettica, ostregheta, e che nessuno osi scrollarsi di dosso il tetano. Parenti serpenti, nonni lama e zie mucche, ognuno col suo bastimento carico di ossa. Apostrofandolo disse perciò: L'! L'! Sei tutto teschio, amore mio. Scheletriamo insieme verso l'infinito e oltre, là dove nessun cuoco è mai giunto prima. Filetto al papa verde: ricetta per sei pianeti. Oliare l'universo acciocchè non bruci attaccandosi all'energia, cuocere a fuoco spento per tredici miliardi di anni, imbalsamare il nonno, guarnire a piacere con sale, curve, bussole, animali, croci, procioni, intonaco, saluti. Ciao, ciao.


Notizie del
Tg comune. All'olio.
Rissa in un ristorante: feriti in modo grave sei globuli bianchi e una piastrina, restano a terra tre globuli rossi, e quattro stafilococchi faccinorosi, arrestato un quinto batterio che dichiara: "Volevamo solo causare un banale raffreddore". Il luogo della disputa: il signor Alvaro, proprietario della trattoria "Se i piatti fossero lavati, dove sarebbe il divertimento?".
Truffato l'ins dell'IBM. Dopo un raggiro che gli ha tolto i suoi poteri, gli han fatto credere di essere un bloc scor.
Steve Jobs: "Mi hanno raggirato, quelle mele masticate dovevano essere biologiche, ma non lo sono..UUEEE, UUEEEE, UUEEEEE!"
Steve Balmer: "Avevo cliccato sulla calcolatrice, e mi si è aperta un'anguria"
Straordinaria scoperta archeologica: Cristian de Sica è in realtà un primate al mondo da 32 secoli. Ritirate 197milioni di denunce a suo carico per offesa a pubblico.
La Regina Elisabetta II: "Sono una Figura idiota e ridicola".
Il principe Carlo prende il volo. Dopo la visione del film animato Dumbo, ha spiccato un balzo di 72 metri.
Il segretario del pdl attacca quello del pd, che a sua volta ha attaccato quello del pdp e del p2p, amico del pbd, cugino del pnl, formato equipollente al pdf.
Francia: vietato il burqa in quanto la gente non crede che sia una misura del governo.
Il papa: "Mi autodefinisco un pastore tedesco, e non voglio più vedere guardie svizzere UHT".


Gustav, l'alano parassita ai frutti di bosco, ha contato fino a mille ed è morto. Sconcerto fra i parenti: non ne aveva. Triste storia, la sua: abbandonato appena maggiorenne, venne adottato dalla tribù dei Piedi Folli, che se ne presero cura come se fosse loro schiavo. Ogni mattina, al sorgere del sole, Gustav veniva abbandonato e riadottato secondo una misteriosa legge tribale che gli impediva in questo modo di diventare cittadino romano. Piccolo, brossurato, quasi verde, Gustav passava le giornate obbedendo agli ordini più vili e crudeli: mangiati la moto, Gustav. Oppure: cincischia col pane, Gustav. O ancora: assumi un extracomunitario nella tua azienda, Gustav. Fino al peggiore: sorridi, stronzo, stai per morire. Stronzo di un Gustav, s'intende. Gustav possedeva una barchetta, e nei pochi momenti liberi gli piaceva portarla al largo e godersi la solitudine. Poco imposta che fosse in vasca da bagno, a lui piaceva così. Gustav aveva una casetta in Canadà, sebbene non si fosse mai mosso da Valli del Pasubio. In realtà abitava in una capanna di feci e muschio tenuta assieme dalle feci. Era grande, calda, accogliente: una vera topaia. Ma era l'unica cosa che poteva permettersi, a parte dodici biscotti all'anno. Era vagamente denutrito, il caro Gustav. Gustav non era il suo vero nome, il suo vero nome era Gustav. Gustav adorava ballare, ma lo considerava un reato. Gustav ammazzava il tempo a bastonate. Gustav proponeva agli altri i propri difetti: vuoi un po' di antipatia? No, grazie, ho smesso. Caro vecchio Gustav. Peccato che sia morto. Peccato, cioè, non averlo potuto uccidere.


Come dimenticare una creatura diabolica che solca i nostri terreni, beffarda, paludosa: il titolare. Il titolare è un animale aghifoglio, sviluppato in trentasette piccole antenne. La maggior parte di esse, servono per captare le più remote paure delle genti, e sfruttarle a proprio vantaggio. Vive una vita sregolata, durante il sonno, mentre la veglia è costituita per lo più da balli tribali. Misura un area approssimativa di centotrenta metri quadrati, e per questo motivo è pressochè invisibile ad occhio nudo. Caccia le sue prede volando a rasoterra, ed è quasi sempre altolocato. Attacca preferibilmente dall'alto, sfibrando la preda con ripetuti sonetti di dubbia onestà. È quasi estinto, ma la sua tenacia gli permette di percepire molto di più del misero stipendio di un semplice animale domestico.
Vive la sua vita in branco, normalmente l'esemplare dominante è quello che presenta una sorta di lopecia nella zona lombare. Attenzione però, non è una vera e propria mancanza di villosità. Trattasi piuttosto di una radura in cui i peli più forti han fatto sì che i più deboli si ritirassero, in segno di avvertimento.
Al tatto si presenta molto morbido e setoso, tant'è che gli antenati producevano con il suo manto delle stoviglie di ottima fattura.
Non dimentichiamo poi il metodo per riprodursi: la compagna, mentre stira, emette degli strilli quadri accecanti, e in quel momento il maschio attacca a colpi di pettine e cassettiera la schiena della partner, uccidendola.


Mattino presto. Giulio sente la sveglia, si sprecano maledizioni a carico della religione al momento in voga. Confusione, il cervello è ancora nella fase rem e non riesce a coordinare nemmeno le azioni più semplici: va a finire che Giulio fa colazione col dentifricio, si spazzola gli occhi e caga nella teiera. Si veste, abbinando capi di abbigliamento a guisa di un troglodita cieco in preda a sacro furore. Ne esce un curioso costume di carnevale in cui le due metà del corpo in senso longitudinale sembrano rispettivamente un direttore d'orchestra e un capo sioux. Giulio si avvia alla macchina: è la fine di Gennaio. Non avendo un garage, l'automobile è in balia degli elementi. Il freddo intenso ha trasformato la fiat punto blu del '96 in un caratteristico igloo inuit familiare. Giulio deve faticosamente farsi strada verso la portiera a colpi di piccone. Il motore si avvia tossendo come un ottuagenario pneumodeficiente, i vetri risplendono di una bianca coltre molto affine alla tundra siberiana. Per recuperare un minimo di visibilità Giulio è costretto ad attivare la ventola del riscaldamento a diciassettemila giri, creando all'interno dell'abitacolo una fortunatamente temporanea tempesta polare. Avviandosi ad una velocità di crociera di circa sei chilometri orari Giulio si accende una sigaretta la quale, per una carenza di ossigeno atmosferico tipica degli altipiani dell'Himalaya, è impossibile da fumare a meno di tirarla con così tanta forza da smaterializzare un polmone. Giulio è finalmente pronto per un'altra splendida giornata di lavoro.


Correva l'anno scorso, e Gervaso Scamorza se ne stava tranquillamente acquattato sotto la radice di un faggio di dubbia provenienza, quando tutt'a-un-tratto sbucò da un enorme scoiattolo amaranto un'altro scoiattolo ocra, con le zampette completamente ricoperte di muco ululante, il naso a forma di scolapasta notturno, e gli occhi come tanti proiettili all'uranio impoverito. Gervaso Scamorza non era certo uno che si faceva impressionare; sì, pagava le tasse in natura, ascoltava divertito il suono delle foglie che crescono, leccava i quotidiani con grande amore e foga, tuttavia non era in grado di farsi rispettare dai più..
Ma torniamo all'incontro: lo scoiattolo tentò di inserire una serie di rametti marci negli orifizi di Gervaso Scamorza, ed egli lo guardava divertito, mentre con la mano accarezzava il terreno irto di aculei intrisi di veleno mortale.
Lo scoiattolo, per nulla soddisfatto, decise dunque di usare un approccio più diretto, piantando una porchetta viva nella gola di Gervaso Scamorza, uccidendolo all'istante.
Gervaso Scamorza fu stranamente molto sorpreso da questo suo comportamento, e per non dare soddisfazione allo scoiattolo, si finse vivo, e iniziò a danzare la mazurca sulla schiena dell'involucro amaranto dello scoiattolo ocra. Lo scoiattolo, del tutto indispettito, cercò di rientrare nella sua custodia, ma in men che non si dica, decollò, inondando di muco tutto lo scibile.


Il Conte Borromeo Sifilide Cicciobomba venne ferito in battaglia da un foglio di pepe. Menomato ma indomito spronò il suo cavallo e mangiò un dirigibile, e viceversa. Nell'accampamento avversario tutti furono colti da paura, sgomento e da un mattone in pieno volto coperto da segreto militare. I piccioni commessi viaggiatori vendettero il loro campionario al nemico costernato e affranto dal vantaggioso affare. La nebbia s'alzò e la neve cadde in un turbinare eccentrico di mele poliglotte, ma quei fottuti lucernari non s'arresero, guidati dall'ideale del bello e del cencio. I due eserciti si schierarono: alla sinistra dei vostri teleschermi i Burnigìadi, forti di sessantamila fanti, dodicimila cavalieri e un cormorano impagliato di nome Ottavio. In alto a destra invece, solo come un treppiede, si ergeva ad ultimo baluardo della libertà e della sputocrazia il più grande eroe di tutti i tempi: Franz Vanesio Scacciabolle Millelimoni, l'ultimo della stirpe dei Barbaculi. Addestrato al mestiere delle armi da Piera, la marmotta sadica a forza 5, Franz fece una strage ricordata nei libri di storia come 'Il giorno in cui tutti si cagarono addosso'. Ma ormai quei tempi sono passati, e la colla di pesce regna incontrastata sulle nuvole beige del confronto sinaptico. Niente più battaglie, niente più eroi, niente più rucola. Mai più s'udrà cozzar di lama sull'osso fresco del nemico prima invitto, qualsiasi cosa questo significhi. Mai più.


Cala la notte..l'antico cetaceo pervaso da laser verdi e strutto putrefatto rivendica i suoi spazi, rinnegando la propria figlia, Filla.
La scimmia urlatrice lo insulta, porgendo l'altra guancia, arrecando grave danno alla sua immagine di consigliere. Non se ne cura, arriva addirittura a preparare un piatto di strozzapreti al sapone. Non conosce vergogna, e li offre a tutti, schiaffeggiando i più eleganti. È mattino. Anzi no..anzi sì..anzi..che no. Ma perché? Non so!
La colazione si fa più intensa, e gli aromi di putrefazione salgono alle narici, come giavellotti. Il gigante dei mari ingurgita una gran quantità di tassi, con le sue froge di trentadue piani. Passano due ore, ventisette bagigi, e diciannove acri, e l'animale è ancora lì, steso sulla fronte, avvalendosi della facoltà di economia. Non ride più, anzi, abbonda, sulla bocca degli stolti, dando vita ad un simpatico teatrino, cucinando a perdifiato, lavando superfici a squarciagola, liberando particelle di materiale non ancora controllato.
Più giù, più in basso nelle profondità dei cieli, un ornitorinco, mangia una foglia, in agrodolce. ma ahimè non se la gusta, e non se la beve. Tanto meglio! -Sussurrò la cimice gridando- Io avevo molta sete!


Lascia pure che tuo fratello si tenga il leone, forse non gli è andata così male. Da quando l'uomo moderno si è evoluto, ha dovuto combattere con bestie più feroci e pericolose. Come dimenticare, ad esempio, i sanguinari scout delle foreste polacche, presenti nel territorio eurasiatico per tutto il pleistocene: predatori di gruppo, sfiancavano la vittima con incessanti letture del nuovo testamento fino a provocarme la paralisi cardio-respiratoria, per poi consumarne le carni ancora calde durante un'orgia di efferata crudeltà. E la tigre dai denti a spatola? Terribile, terribile. Non possedendo denti aguzzi con cui finire pietosamente la preda, questo malvagio felino schiaffeggiava la vittima con le sue zanne piatte fino a stremarla per poi divorarla, viva ma impotente, facendone uscire le interiora saltandole ripetutamente sulla pancia. Resti fossili di circa trentamila anni fa ci hanno poi restituito il piccione gigante vampiro, un volatile con apertura alare di circa diciotto metri nelle femmine e nove chilometri nei maschi, mentre il corpo rimaneva pressoché simile nei due sessi. Predatore solitario, il piccione gigante vampiro scaricava sulle vittime una montagna di merda, immobilizzandole. Il suo guano caldo disidratava completamente la preda, formandone un orrendo coagulo di sangue e umori che il piccione portava al proprio nido, per poi cibarsene con comodo. Altri esempi? L'ornitorinco-mostro delle paludi tenebrose, gran mangiatore di scimmie, lo zittosaurus silentii che si cibava delle tue urla di terrore, la lumaca-orco ipnotizzatrice, lenta ma inesorabile. Sembra proprio che l'uomo non sia l'ultimo predatore.
La mia domanda non cambia a prescindere dal tipo di animale. Quanti pesci rossi ci vogliono per uccidere un uomo? Secondo me sopra i settemila sei spacciato.


Dopo le considerazioni esplicate poc'anzi, giunge veloce e inesorabile come una trappola di vile onestà, il nibbiolo.
Il nibbiolo è un essere nobile, mobile, e ignobile. Attacca quando meno te lo aspetti.
Ora è qui, in mezzo a noi, e aspetta paziente ogni qual si voglia cenno di cedimento. Caccia con spietata barbarie e benevolenza tutte le tue virtù, deponendo al loro interno delle uova, così purulente e lucide da non vederne la fine..e tantomeno l'inizio. Dopo un primo momento di giocosa allegria, il piccolo di nibbiolo si erge a gran fetentone, si muove in sciami di due individui, e come un falco penitenziario, congela le tue finanze, spegne il segnale analogico, cambia pagina, e ti terrorizza ballando il chàchàchà.
In alcuni casi, testimonianze che hanno dell'incredibile parlano di alcuni esemplari che, evoluti, ipnotizzano le prede con un colpo di spugna e quattro nespole ben mature. A volte tende a mascerarsi da pixel o da igrometro, ma rende splendidamente solo quando si trasforma in retrogusto di scimmia balsamica. È voracissimo, un professionista. Succhia con grande avidità pulci, ceste in vimini, parrucchini, ma non disdegna se in difficoltà, nemmeno le zolle di terra più dure e aride, catodi e anioni.
Arriva, se disperato, ad offrire prestazioni sessuali a buon mercato, ma non ammette di prostituirsi. Egli lo definisce "disagio preterintenzionale".
Calano le tenebre, e l'unico modo di salvarsi, è affidarsi agli ex capelli fritti in olio di palma di Gianni de Michelis.


Riprendiamo da dove avevamo interrotto. In epoca storica, nella zona del Borneo, si aggirava il caimano nano nano, un rettile grande circa un quinto di una lucertola ma esiziale e pericolosissimo. Stava in letargo 364 giorni consecutivi perciò nell'unica giornata di veglia era costretto a mangiare per tutto l'anno successivo. Date le piccole dimensioni si avvicinava indisturbato agli accampamenti umani, per poi attaccare con la velocità di una meteora e la precisione di una lama di rasoio. Poteva disossare un umano adulto in meno di sei secondi girando vorticosamente su sé stesso e muovendo le mandibole circa trecento volte al secondo. Voracissimo, prima di tornare a dormire mangiava l'equivalente di ventimila volte il proprio peso. Negli altipiani giapponesi erano invece i mammiferi a farla da padroni. Nel tardo olocene, al vertice della catena alimentare si trovava infatti la pantera rasa, l'unico felino bidimensionale di cui si abbia notizia in quel periodo. La tecnica di caccia era molto particolare: essendo invisibile di profilo, le bastava mettersi nella traiettoria della preda e questa veniva tranciata in due di netto. Priva di orifizi, la pantera si appoggiava sopra i macabri resti per assumerne la forza vitale. Arrivederci alla prossima puntata di 'Non ti sei estinto per puro culo'.


Era mattino, come al solito aquile quadrate del comignolo volteggiavano come frullatori a mulinello sopra al pesante traffico cittadino, in attesa di vedere un esemplare di vettura ferita, vecchia, o troppo giovane per scappare. È un animale piuttosto comune e socievole. Vola disegnando nel cielo il settantaquattro. Il suo complesso becco a forma di inusuale parabrezza a pentaprisma è capace di ricamare sui volti stupiti dei curiosi, delle pratiche pochette, utili non solo per il cellulare o per il lettore emmepittre, ma anche per acciuffare i malfattori che tentano di malfare. L'aquila quadrata del comignolo ha un'apertura alare di trentasette micron, e spesso raggiunge una lunghezza di novantatre metri, con un peso che oscilla tra le cinquantadue e le centotrentaquattro tonnellate. È capace, se provocata, di divorare con le sue lame aguzze più di quattrocento lampioni stradali, ma non li digerisce. Preferisce trasformarli in pratici tunnel carpali. Sovente la si può notare mentre al tavolo verde spenna i suoi cugini: i falchi barici traditori.
Le aquile quadrate del comignolo prediligono il cobalto come portata principale: ne vanno davvero ghiotte. Generalmente lo friggono in olio di borragine, e lo mangiano accompagnato al pane arabo.
Quando dormono, generalmente in obliquo e tentando di mettersi il più possibile perpendicolarmente al sesto meridiano, emettono luci ultraviolette, e ultrasuoni ultrabluette, e sbattono il becco su di una superficie di marmo appositamente portata in precedenza.


Malpiero stava addestrando il suo coniglio tattico da combattimento e riponeva molta fiducia sulle mensole. Portava con molta eleganza il cappello in ordine alfabetico ma non si sarebbe mai sognato di annusare il cervello di suo nipote. Pretendeva tre pasti caldi al giorno, anche consecutivi, ma solo se il cuoco aveva la faccia deforme, perché in questo caso è metafora. Gli piacevano i numeri e contava tutti i giorni fino a cento milioni saltando però tutti le cifre che contenevano il sei, il trentaquattro e la radice cubica di trallallero trallallallà. In camera da letto aveva un terrario per contenere frange, spugne, occhi, bitorzoli e mustafà. Nel sedicesimo secolo avanti popolo, Malpiero si vestiva dalle sei alle otto ma senza lessare, perché era molto religioso. Mille anni più tardi finì di allacciarsi una scarpa e morì. All'interno del suo ponte c'era poco succo e gli altri medici gli fecero sapere che per curare le spazzole doveva necessariamente usurare il nonno. In epoca più recente Malpiero era modesto e, incoronatosi papa, giustiziò tutti i bambini del regno il cui nome avesse più di una lettera. Donò i poveri ai ricchi, emise un bando di concorso per tedeschi sotto sale, fece costruire città nel deserto, proclamò l'anno santo ogni venerdì per sei settimane, fece restaurare il colosseo con fango e piadine, morsicò l'arcivescovo, fece piantare ottomila pioppi in sala da pranzo ad un ignaro sottoposto e introdusse la pranoterapia come unico metodo di risoluzione delle controversie legali. Ora Malpiero è morto, ma tornerà. Ah, se tornerà.


Una luce squarcia le nudità del cielo: è la pertica multifrutti allo xilitolo fumante.
I passanti si bloccano, quasi fossero dei brasati al pepe verde. Non si accorgono della locandina in mano a chi tenta di avvertirli, un ambulante pacchiano ricoperto di melassa appiccicosa, tutto sudato, che espelle gas. Il suo nome è Sigismondo. Sigismondo è nato da una coppia di nemici, genitori e zii, cugini e nuore uno dell'altra, allo stesso tempo, ma in epoche diverse. Gualfrando viene dal cassetto delle posate, Annamerda da una regione del più peloso peloponneso. Vivono in una casa di 3 piani di sbieco, e per compagnia prendono dal casolino un canefarfalla, un cassonetto parlante per l'umido, una medusa esagonale immediata, un canestro di lame affilate, quattro dragoni bonsai del Trentino, e una cinciallegra, ma non troppo.
Nel 1700ac, mettono al mondo Sigismondo, dopo 72 anni di gestazione, e un travaglio di 46 anni. Nasce con un peso netto di 93 kg. Indecisi se chiamarlo Mario o Giuseppe, optano per una terza scelta mai presa in considerazione: Amilcare. Per uno sfortunato errore di battitura all'anagrafe, egli assumerà poi il nome di Battiscafo, ma per praticità, tutti lo chiamano Sigismondo la discarica. È un eroe, ed è destinato a salvare i prepotenti dalle angherie di poveracci e sottosviluppati.
Torniamo al presente: da anni Sigismondo tenta di avvertire la popolazione, ma la pertica convince tutti, e trasferisce l'umanità in un posto migliore. Sigismondo muore per la tristezza, tra atroci palle di fuoco.


Ortofox, vincitore del torneo Banana Suprema, era un bambino così piccolo che spesso veniva calpestato dalle formiche. Intenzionalmente e per vendetta. Viveva in una cassapanca piena di neve tossica e si nutriva di blu. Parlava ai sedani, fumava crostoli e di quando in quando prendeva a male parole i neutroni. Aveva un lavoro in proprio, macinava prostate umane a fini di lucro, cosa che gli rendeva almeno due euro al secolo. Era vecchissimo e sconcertante, praticamente un bulbo. Per passione accendeva lampadine rosse a milioni, e nel tempo libero conosceva la dinamite. Frequentava la seconda elementare su Urano e l'università a Quargnenta per laurearsi in bottoni. Sua moglie viaggiava attorno al popolo italiano e non era mai a casa, per questo pretese il divorzio e ottenne due etti di bresaola. Ortofox si convinse che martellarsi le gengive con un trapano a colonna era un hobby da contadini, e cominciò a collezionare monti. Aveva una Prinz a propulsione eolica che usava ogni giorno per tornare in sè, ma l'assicurazione lo spennò vivo per puro piacere personale. Ortofox non amava lo sport, per questo correva tutte le notti per cento chilometri nudo e scalzo: per dimostrare quanto facesse male. La domenica andava a messa e ogni volta si trovava a bestemmiare urlando contro gli anziani, che ne erano molto compiaciuti. Ortofox venne scorticato vivo e immerso nel sale da un manipolo di danzatori circassi, ma non se ne fece una colpa. Ortofox morì quasi dodicenne nel giorno del suo sessantamillesimo compleanno. Le ultime notizie riportano Ortofox a spasso per Aldebaran in compagnia di un otto.